Ciò che giustifica l’Osteopatia

Ciò che giustifica l’Osteopatia

A lungo ignorata, l'osteopatia sta acquistando oggi sempre più spazio e uno spazio importante nel mondo medico. Rifiutata, purtroppo, dalla medicina classica, che nega ciò che non conosce e nemmeno cerca di conoscere, è appannaggio di scuole private sempre più numerose, in cui il meglio rasenta il peggio. Certo, bisogna dire che l’osteopatia nasce da pratiche ancestrali in cui, similmente, il buono rasenta il pericoloso. Non essendo rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale (Sécurité Sociale), in Francia è oggi tollerata e senza controllo.

Una delle basi dell’osteopatia è la nozione di globalità del tessuto connettivo fibroso, che gli osteopati chiamano fascia e che molti insegnanti hanno dimenticato. Questo tessuto connettivo rappresenta il 65-70% dei nostri tessuti che sono tutti in continuità, da cui il nome “fascia” al singolare attribuito a questo insieme aponeurotico. Ad eccezione dell’aponeurosi superficiale che doppia la pelle e le fornisce gli elementi nutritivi, la “grande aponeurosi superficiale” avvolge praticamente tutto il corpo, poi si sdoppia verso l’interno per formare i setti che suddividono tutto il sistema muscolare. In modo analogo, dà origine anche a tutti gli involucri viscerali. E’ sostanzialmente un' unica struttura in cui tutto è in continuità e di cui ogni aponeurosi muscolare, ogni fascia organica rappresenta uno sdoppiamento.

I libri di anatomia classici individuano il punto di partenza della “grande aponeurosi superficiale” sulla linea curva occipitale superiore, sulle mastoidi e sui bordi inferiori dei mascellari. In realtà, se anatomicamente il dato è esatto, fisiologicamente non lo è. La scatola cranica non è un osso intero, ma la calcificazione per placche della membrana cranica. Non è fatta di ossa classiche originate da cartilagine, ma da placche ossee articolate tra loro per mezzo della membrana cranica. Fisiologicamente, la scatola cranica fa parte, dunque, della “grande aponeurosi superficiale” che avvolge tutto il corpo.

Per comprendere questo concetto, occorre ricordare che il cervello si contrae e si rilascia al ritmo di 8-12 volte per minuto. Si riduce nella dimensione antero-posteriore e si dilata in quella laterale. E’ evidente che la scatola cranica segue questo movimento, trascinando con sé l’insieme della fascia. In questo modo tutti i segmenti corporei sono portati ritmicamente in un movimento continuo: rotazione esterna, ritorno dalla rotazione esterna, punto neutro, rotazione interna, ritorno dalla rotazione interna, ecc… E’ un movimento di tutto l’insieme del corpo, facilmente percettibile, anche per un praticante poco allenato. Gli osteopati lo hanno chiamato Movimento Respiratorio Primario (M.R.P.).

Il movimento fasciale ritmico che ho appena ricordato viene naturalmente negato dalla maggior parte dei medici classici, nonostante sia così facile percepirlo su tutti i segmenti. Qual è il ruolo fisiologico di questo movimento fasciale? Benché sfruttato sin dall’inizio dagli osteopati e dai loro precursori, per molto tempo non se ne è trovata una vera e propria spiegazione. Va ricordato che l’osteopatia trae la sua origine dalla chiropratica e dalle tecniche dei “tiraossa”. A poco a poco, le conoscenze fisiologiche hanno scientificamente confermato e codificato il valore di queste tecniche ancestrali e, sempre di più, nuove scoperte in questo campo ci spiegano le ragioni fisiologiche di tale movimento perpetuo.

Se prendiamo in esame la circolazione sanguigna, non possiamo più considerarla come un tempo: circolazione arteriosa verso i tessuti, ritorno attraverso il circolo venoso. Il sangue passa nel cuore e poi attraverso vasi via via più piccoli, fino ai capillari detti “finestrati” per la presenza di forellini che lasciano passare, negli spazi lacunari dei tessuti, gli elementi necessari alla funzione, alla nutrizione e alla difesa immunitaria di questi ultimi. Negli spazi lacunari il sangue diventa plasma, nel quale le cellule vanno a pescare i nutrienti di cui hanno bisogno. La circolazione lacunare non è più canalizzata, è un “travaso”. Non è stupido pensare che il movimento ritmico dei segmenti, dovuto al perpetuo movimento fasciale abbia la funzione di far espandere il travaso a tutti i tessuti.

Una scoperta fisiologica più recente giunge a sostegno della mia idea: la circolazione “dell’acqua libera” nelle guaine dei fasci connettivi. Occorre ricordare che la nutrizione cellulare avviene per osmosi. Poiché l’ambiente cellulare è meno denso del plasma lacunare, gli elementi nutritivi e immunitari passano dal plasma all’interno della cellula. Inversamente, una volta terminata la combustione cellulare, i rifiuti di tale combustione si riversano nel liquido lacunare, divenuto linfa interstiziale con densità minore rispetto all’ambiente endocellulare. Questa è la spiegazione classica offerta dalla maggior parte dei libri di fisiologia. Ma il plasma come si trasforma in linfa interstiziale di densità minore? E’ logico pensare che qui entra in gioco la fisiologia della circolazione di acqua libera, modificando la densità del liquido lacunare. I capillari linfatici poi si caricano degli scarti, riversandoli nella circolazione di ritorno, nell’ambito della quale la circolazione linfatica assume un ruolo enorme, dianzi occupato dalla circolazione venosa… La fisiologia completa di questa circolazione di acqua libera nelle guaine dei fasci connettivi è ancora alquanto misteriosa, almeno per me. Qui, infatti, non vi sono valvole né “vis a tergo” (n.d.t.: forza di spinta). E’ logico pensare che anche qui il movimento respiratorio primario, il movimento perpetuo delle fasce siano il motore di questa circolazione particolare.

Negli ultimi anni della mia pratica osteopatica, avevo preso l’abitudine di cominciare le mie correzioni con un lavoro sul movimento fasciale: a livello della testa, delle spalle, degli arti superiori, delle ossa iliache e degli arti inferiori, sia per “lanciarlo” se era scomparso, sia per amplificarlo quando era percettibile. Ho sempre avuto l’impressione che questo mi facilitasse le correzioni, che per me erano sempre delicate ed accompagnate dal tempo respiratorio corrispondente.

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